Un dirigente amministrativo di secondo livello di un’azienda sanitaria aveva lamentato l’impossibilità di fruire delle ferie per motivi di servizio. Dopo la cessazione del rapporto ha agito in giudizio per il pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie maturate e non godute negate dal datore di lavoro.

L’Azienda aveva dedotto il divieto di monetizzazione delle ferie, sottolineando come il dirigente, che pur conosceva la data del suo prossimo collocamento a riposo, non avesse programmato la fruizione delle ferie residue.

Con articolata motivazione il Tribunale di Palermo ha ampiamente richiamato la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europa e della Corte di Cassazione in tema di godimento delle ferie. Secondo  la Corte di Giustizia (6 novembre 2018, Max-Planck) “l’art. 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e l’art. 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella discussa nel procedimento principale, in applicazione della quale, se il lavoratore non ha chiesto, nel corso del periodo di riferimento, di poter esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite, detto lavoratore perde, al termine di tale periodo automaticamente e senza previa verifica del fatto che egli sia stato effettivamente posto dal datore di lavoro, segnatamente con un’informazione adeguata da parte di quest’ultimo, in condizione di esercitare questo diritto“.

Precisa il Tribunale di Palermo “deve escludersi che l’Azienda, su cui ricadeva il relativo onere probatorio, abbia dimostrato di avere nell’esercizio dei propri poteri di vigilanza e di indirizzo e dispiegando in modo adeguato la propria capacità organizzativa, esercitato tutta la diligenza necessaria affinché la lavoratrice fosse posta effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto”.

Il giudice del lavoro precisa che “nell’ipotesi di un’insufficiente iniziativa della lavoratrice, sarebbe stato comunque obbligo dell’Amministrazione attivarsi, disponendo il collocamento in ferie d’ufficio, ma ciò non è avvenuto, il che costituisce un evidente indizio che il mancato godimento delle ferie fosse perfettamente consono al perseguimento degli interessi ritenuti prevalenti dal vertice aziendale”.

L’Azienda sanitaria è stata quindi condannata a corrispondere l’indennità sostitutiva delle ferie non godute e al pagamento delle spese processuali.

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