Il Comune di Termini Imerese potrà recuperare ben 300 mila euro che l’Amministrazione comunale, che negli anni 2006 e 2007 aveva erogato con una contrattazione collettiva decentrata, incrementando le retribuzioni di una sessantina di dipendenti attraverso la previsione di una serie di indennità accessorie (di rischio, di disagio, per particolari responsabilità).

I lavoratori in sostanza avevano goduto di aumenti a pioggia varati dall’amministrazione comunale dell’epoca e concordati con i sindacali in un tempo in cui ancora l’espressione “spending review” non era ancora entrata nel lessico politico-economico.

Con due sentenze depositate l’1 aprile scorso la Corte di Appello di Palermo, sezione lavoro (pres. relatore Maria Di Marco) ha completamente ribaltato le decisioni di primo grado, accogliendo in pieno le tesi della difesa dell’amministrazione comunale – oggi guidata dal sindaco Salvatore Burrafato – assistita dal professore Lorenzo Maria Dentici, avvocato giuslavorista, che aveva sostenuto la nullità della contrattazione decentrata e il corrispondente diritto dell’ente a recuperare le somme illegittimamente erogate.

La storia comincia il 10 maggio 2010 con un accertamento ispettivo della Ragioneria Generale dello Stato, andato avanti fino all’8 giugno 2010, che scoperchia il vaso di pandora e fa emergere numerose irregolarità nel procedimento di contrattazione da cui proprio quelle somme date a pioggia erano scaturite. A questo punto, il Comune aveva avviato le azioni di recupero, cui la sessantina di dipendenti aveva reagito con vari ricorsi per accertare il diritto a trattenere il denaro.

Con due distinte sentenze dell’11 febbraio 2013 il Tribunale di Termini Imerese (giudice del lavoro dott. Roberto Rezzonico) aveva dato regione ai lavoratori. Per il giudice di primo grado erano state le stesse parti dei contratti decentrati a individuare, esercitando la propria insindacabile autonomia negoziale, le modalità del rapporto di lavoro che implicassero “rischio”, “condizioni particolarmente disagiate” o “specifiche responsabilità” e pertanto “le scelte operate “illo tempore” dal Comune di Termini Imerese, con relativo accordo delle controparti contrattuali collettive locali, si palesano legittime”.

Le due sentenze sono state ribaltate in appello: è legittimo il recupero delle somme. Infatti, per la sezione lavoro della Corte, la contrattazione collettiva presa in esame “difetta, in buona parte, di passaggi procedurali fondamentali quali sono quelli funzionali alla verifica della compatibilità economico-finanziaria della spesa che il costo del personale comporta e quelli che concernono i soggetti abilitati alla composizione della delegazione trattante. Da tali omissioni scaturisce “la nullità degli accordi che, per tale via, si sono posti in contrasto con la norma imperativa che restringe l’autonomia negoziale nei passaggi procedurali previsti dalla contrazione collettiva nazionale”.

Illegittimi sono stati poi ritenuti nel merito gli emolumenti erogati per contrasto con i contenuti della contrattazione collettiva nazionale. Ad avviso dei giudici “proprio per le caratteristiche che debbono connotare le prestazioni retributive accessorie, quali sono quelle che qui interessano, la contrattazione decentrata non può prescindere dalla specifica individuazione e consequenziale limitazione delle particolari modalità di esecuzione della prestazione lavorativa cui quelle erogazioni aggiuntive (rispetto alla retribuzione ordinaria) devono essere correlate”.

A questo punto il Comune, che sulla scorta delle sentenze di primo grado, aveva dovuto bloccare il recupero delle somme come imposto dalla Ragioneria Generale dello Stato, ha il via libera per avviare per le azioni finalizzate a evitare un possibile danno erariale. I 300 mila euro devono ritornare nelle casse del Comune, che potrà prendere una boccata d’ossigeno in una fase in cui languono i trasferimenti ai comuni da parte di Stato e Regione.