Il Tribunale di Termini Imerese, nel caso di un datore di lavoro domestico difeso dallo studio DLCI, con il patrocinio degli avv.ti prof. Lorenzo Maria Dentici e Luigi Maini Lo Casto, ha ritenuto che l’erede non coabitante, non essendo mai stato parte del rapporto, non possa essere chiamato a rispondere dei debiti del datore di lavoro defunto. Fanno eccezione solo i debiti già accertati in giudizio o in fase di accertamento al tempo della morte del datore di lavoro, atteso che, rispetto a questi, il chiamato all’eredità è posto nella condizione di conoscere il peso di cui si farebbe carico in caso di accettazione dell’eredità.

Il rapporto di lavoro domestico è un rapporto intuitu personae e, in quanto tale, non è trasmissibile di diritto agli eredi, atteso che il datore di lavoro sceglie il soggetto cui affidare determinati incarichi da svolgersi prevalentemente all’interno della propria abitazione, sulla base della fiducia che ripone in quest’ultimo.

Il principio trova conferma nel Contratto Collettivo Nazionale di lavoro di colf e badanti (Ccnl colf) che all’art. 38, comma 9, dispone testualmente che: “in caso di morte del datore di lavoro i familiari coabitanti risultanti dallo stato di famiglia sono obbligati in solido per i crediti di lavoro maturati fino al momento del decesso”.

La norma, al contrario, tutela così gli eredi non coabitanti e costituisce un importante argine di fronte alle rivendicazioni del personale domestico del defunto.

Per maggiori informazioni puoi contattare lo studio DLCI al n. 091.6811454 o scrivere all’e-mail segreteria@dlcilaw.it.