L’avv. prof. Lorenzo Maria Dentici e l’avv. Luigi Maini Lo Casto, partner dello studio legale DLCI, insieme all’associate avv. Giorgio Petta, hanno assistito con successo innanzi al Tribunale di Palermo un dirigente medico di un’azienda ospedaliera, ottenendo l’annullamento della sanzione disciplinare irrogata alla lavoratrice per una presunta violazione dell’art. 70, comma 3 lett. G) del C.C.N.L. dell’Area della Dirigenza Medica e Veterinaria.

Veniva in particolare contestata la mancata comunicazione dell’esistenza di un procedimento penale pendente nei propri confronti, finalizzato all’accertamento dei reati di appropriazione indebita e violenza privata asseritamente commessi in un contesto non inerente l’attività lavorativa svolta alle dipendenze dell’azienda ospedaliera e in un luogo differente da quello di lavoro.

Il Tribunale di Palermo ha deciso la controversia in senso favorevole al medico, segnalando come l’esistenza di un procedimento penale in corso non fosse in ogni caso sufficiente a giustificare la sanzione applicata. Ciò alla luce del fatto che i fatti oggetto del procedimento erano del tutto estranei alla professione medica e gli stessi non avrebbero potuto ledere l’immagine o pregiudicare lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Il Giudice del lavoro ha infatti  osservato: “giova innanzitutto rammentare il disposto dell’art. 70, comma 3, lett. G, del CCNL Dirigenza medica, a tenore del quale “il dirigente, tenuto conto della necessità di garantire la migliore qualità del servizio, deve, in particolare: (…) g) informare l’Azienda o Ente di essere stato rinviato a giudizio o che nei suoi confronti è esercitata l’azione penale, quando per la particolare natura dei reati contestati al dirigente si possono configurare situazioni di incompatibilità ambientale o di grave pregiudizio per l’Azienda o Ente”.

Secondo il Tribunale il rinvio a giudizio era avvenuto giudizio “per reati relativi a fatti del tutto estranei alla professione di dirigente medico, non implicanti alcuna incompatibilità ambientale, né tantomeno rischi di pregiudizi per l’Azienda, anche in ragione della distanza territoriale tra il luogo in cui sarebbe stati posti in essere i reati cointestati e il luogo di lavoro”. Inoltre nel caso di specie la p.a. “non ha concretamente e specificamente dimostrato la sussistenza anche solo potenziale di situazioni di incompatibilità ambientale o di grave pregiudizio, solo genericamente dedotti e prospettati”.

Sposando pienamente la linea difensiva dei legali della lavoratrice, il Tribunale di Palermo ha accolto il ricorso del dirigente medico, dichiarando l’illegittimità della sanzione e condannando l’azienda ospedaliera al pagamento delle spese di lite liquidate in ragione del principio della soccombenza.

Per maggiori informazioni puoi contattare lo studio legale DLCI al n. 091.6811454 o puoi scrivere all’e-mail segreteria@dlcilaw.it.