Gli avv.ti Luigi Maini Lo Casto e Giorgio Petta dello studio legale DLCI hanno assistito con successo un dipendente lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo da un’impresa del settore radiotelevisivo.

Secondo il Tribunale di Palermo è onere del datore di lavoro dimostrare la sussistenza del giustificato motivo oggettivo e quindi, innanzitutto, provare che la ragione economica addotta sia effettiva e causalmente connessa col licenziamento del singolo lavoratore.

Considerato che il licenziamento deve essere adottato solo come extrema ratio, prima di provvedervi il datore di lavoro deve verificare se all’interno della sua azienda vi sia la possibilità di riutilizzare (“ripescare”) il lavoratore, seppur adibendolo a mansioni diverse, se del caso anche inferiori rispetto a quelle svolte fino a quel momento (si parla in questi casi di un vero e proprio “patto di demansionamento”, ritenuto legittimo dalla prevalente giurisprudenza di legittimità e da ultimo dall’art. 2103 c.c., come novellato dal c.d. Jobs act). La medesima giurisprudenza di legittimità, d’altro canto, ha precisato che tale onere datoriale non deve spingersi al punto da imporre allo stesso l’adozione di modifiche organizzative o produttive, finalizzate al riassorbimento del lavoratore eccedente.

Per quanto attiene agli oneri di allegazione e prova concernenti l’obbligo di repêchage, la più recente giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che: incombono sul datore di lavoro gli oneri di allegazione e di prova dell’esistenza del giustificato motivo oggettivo, che include anche l’impossibilità del cd. “repechage“, ossia dell’inesistenza di altri posti di lavoro in cui utilmente ricollocare il lavoratore.

Ad avviso del Tribunale vi è stata un’insufficienza probatoria in ordine all’adempimento dell’obbligo suddetto con conseguente illegittimità del licenziamento e condanna del datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a sedici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

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